SEMPRE PIÙ LAVORATORI LASCIANO O CAMBIANO LAVORO


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  • 27/01/2022
  • JOB BLOG

In America si chiama Job Hopping, ed è la tendenza a cambiare lavoro; un trend piuttosto radicato oltreoceano dove il lavoro è un concetto più fluido rispetto al paradigma italiano. Eppure, anche da noi -nonostante le difficoltà nel trovare nuovi lavori e la pandemia-, si è intensificata la tendenza a lasciare la propria occupazione; tra le motivazioni le più ricorrenti risultano:

  • mancato allineamento con la cultura dell’azienda;
  • mancato riconoscimento;
  • malessere psicologico.

Secondo i dati più aggiornati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tra aprile e maggio 2021 il numero di dimissioni in Italia è cresciuto dell’85% rispetto allo stesso periodo nel 2020. Secondo un report globale della Varkey Foundation, invece, il 94% della Gen Z considera il benessere psicofisico tra i fattori più importanti da ricercare nell’ambiente lavorativo.

Molto spesso la scelta di lasciare il lavoro si realizza davanti alla rinuncia parziale o totale del proprio tempo libero, che diminuisce o non è sufficiente per dedicarsi alla casa, alla famiglia o ai propri interessi. Un lavoro insoddisfacente regolato da ritmi non sostenibili influenza la salute dell’individuo, aumentando le sensazioni di ansia e stress che poi si ripercuotono sulla vita privata.

Come si può arginare dunque la tendenza al job hopping e cosa possono fare le aziende per evitare di perdere i propri dipendenti? Sicuramente migliorare la qualità del lavoro e tenere conto delle esigenze dei lavoratori è la base, oltre a garantire un salario adeguato e il giusto equilibrio con la vita privata.

Il Job hopping dal punto di vista di Millennials e Gen Z

A cambiare lavoro più spesso sono i giovani, avvantaggiati da competenze universitarie o conoscenze dei social, indispensabili al giorno d’oggi per creare reti di collegamento anche in ambito professionale.

Secondo i Millennials e la Gen Z cambiare lavoro è stimolante perché è facile ritrovarsi arenati in uno scenario statico che non coltiva il talento individuale e la voglia di fare; l’ambizione, la forza di volontà e il desiderio di imparare possono essere soddisfatti valutando soluzioni diverse, alla ricerca di quella giusta. Altro motivo ricorrente è la precarietà, gli stipendi non adeguati e la possibilità di allargare i propri orizzonti in tutto il mondo grazie a internet e alla possibilità di inviare curriculum ovunque per poi lavorare da remoto.

Ormai l’epoca della fedeltà all'azienda sembra essere superata a favore della ricerca di flessibilità e benessere, oltre che di benefit più interessanti. Inoltre, secondo alcuni dati americani cambiare lavoro porta a guadagnare di più perché si tende a cercare di volta in volta contesti sempre più professionalizzanti.

Come è cambiato il mondo del lavoro

L’estrema modernizzazione ha portato all’apertura dei confini lavorativi e dei modelli organizzativi. In passato c’era una forte rigidità negli ambienti di lavoro mentre oggi funziona meglio il modello fluido come lo smart working, incentivato nell’ultimo anno dalla pandemia.

Ha contribuito molto anche la rivoluzione digitale, che ha distrutto la contestualizzazione del lavoro in presenza poiché molti lavori si svolgono al pc e non è dunque necessario occupare fisicamente una postazione in ufficio.

L’autonomia e il lavoro personalizzato in base a orari ed esigenze portano i lavoratori di oggi a gestire i flussi secondo tempistiche più autonome, che permettono di definire i momenti della giornata in cui lavorare e quelli in cui dedicarsi a se stessi o alla famiglia. Il vincolo della subordinazione tende così a scomparire quasi in via definitiva, fatta eccezione per le imprese più evolute.

Le altre guardano allo smart working più come una condizione da alternare alla presenza, ma le aziende in grado di leggere il mercato si sono rese fluide da tempo, ancora prima della pandemia, per restare al passo coi tempi.

Lo smart working

Lo smart working era un concetto poco conosciuto -in Italia- prima della pandemia, anche se il resto del mondo lo mette in pratica da tempo.

I vantaggi dello smart working sono la flessibilità e la mancanza di vincoli fisici che permettono di lavorare dove si preferisce.

Di sicuro è la soluzione che più piace ai giovani che così facendo possono lavorare da ogni parte del mondo o semplicemente smettere di sacrificare il proprio tempo libero limitando gli spostamenti, spesso anche fuori città o da pendolari.

Molti giovani - ma non solo - arrivano alla decisione di cambiare lavoro per non rinunciare allo smart working, e se ne vanno nel momento in cui l’azienda non riconosce l’importanza della flessibilità. La questione appare generazionale e coinvolge in particolar modo millennials e generazione Z; oltre alla questione della flessibilità entra in gioco l’esigenza di curare altri aspetti della vita come famiglia, progetti personali o passioni una volta concluse le ore di lavoro. Inoltre, molti desiderano viaggiare e fare esperienze all’estero, o provare l’esperienza da nomadi digitali.

Cosa dovrebbero fare le aziende per prevenire il fenomeno

Per evitare il cambio lavoro dei propri dipendenti le aziende dovrebbero dedicarsi ad attività di employee retention di cui abbiamo largamente parlato in questo articolo del nostro blog.

In primis dovrebbero pensare a un’offerta economica in linea con l’impegno richiesto e commisurato all’effettiva esperienza della persona. I soldi però non bastano, serve anche la motivazione da mantenere alta attraverso una crescita professionale continua che rinnovi l’interesse nella mission aziendale e nel luogo di lavoro in generale. Mettere alla prova le proprie competenze è importante, e le aziende dovrebbero premiare gli sforzi incentivando la crescita. Un’altra miglioria è concedere lo smart working nel caso in cui si presentasse la necessità per il lavoratore di dover cambiare città o per altri motivi logistici; smart working che, visti i tempi, dovrebbe essere una scelta più o meno definitiva o comunque un’opzione da usare il più possibile non solo per via della pandemia, ma proprio come formula moderna di gestione dei flussi di lavoro e schemi in grado di reggersi anche con la distanza.

Cos’altro dovrebbero fare le aziende per limitare il fenomeno del job hopping?

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