COME STA CAMBIANDO IL LUOGO DI LAVORO


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  • 24/02/2022
  • JOB BLOG

In questi ultimi anni l’ufficio ha cambiato nuovamente connotati per adattarsi alle esigenze di aziende e lavoratori. Il Covid ci ha messo senza dubbio lo zampino, limitando per forza di cose la presenza in sede e favorendo lo smart working. Nonostante questo, comunque, l’ufficio resiste ancora come punto di riferimento delle aziende, e nessuno sembra volerci rinunciare definitivamente (almeno finora).

Ora, la domanda che le aziende si pongono è: come deve essere l’ufficio del futuro? Ibridare la presenza in sede con lo smart working costruendo veri e propri uffici virtuali attraverso le piattaforme di condivisione sembra essere l’ipotesi più fattibile (e gradita).

Come è cambiato il concetto di ufficio negli anni

Il concetto di ufficio nel tempo è andato di pari passo con il concetto di lavoro stesso: negli anni 80 si lavorava in veri e propri cubicoli, piccoli uffici dove le pareti inserite tra una scrivania e l’altra sancivano l’isolamento del lavoratore, chiamato a svolgere la sua funzione senza doversi rapportare con i colleghi, fatta eccezione per la pausa pranzo e le riunioni.

Con l’avvento di internet e la nascita di lavori digitali legati alla creatività e allo scambio di idee, le barriere fisiche sono crollate a favore dell’open space; l’ufficio del futuro, già agli albori degli anni Duemila, doveva essere infatti aperto e accogliente, con lo scopo di favorire la socialità e il rapporto tra dipendenti. La pandemia ha mescolato nuovamente le carte in tavola premiando lo smart working come formula migliore, non solo per rispettare il distanziamento sociale ma anche per la possibilità di ottimizzare il tempo del lavoratori, che così facendo possono favorire l’equilibrio tra lavoro e altri aspetti della vita privata.

Gli open space sono tuttora il modello di ufficio più diffuso, ma i primi scricchiolii riguardo la loro effettiva efficacia arrivano direttamente dalla Silicon Valley, quando nel 2020 si è iniziato a pensare che, forse, si tratta di un paradigma destinato in breve tempo a diventare obsoleto.

Questi dubbi nascono da una riflessione sul rapporto tra luogo di lavoro e produttività: lavorare da remoto per la maggior parte del tempo ha abituato i dipendenti a trovare una dimensione ideale nel contesto di spazi familiari, non solo a casa propria ma in qualunque altro luogo, con un approccio meno rigido e formale e con maggiore libertà di organizzare il carico di lavoro.

È stato dimostrato che l’open space, oggi, più che favorire lo scambio e le relazioni, le disincentiva: lavorare in ambienti troppo dinamici o dispersivi, circondati da tante persone, diminuisce infatti la soglia d’attenzione e costringe il lavoratore a isolarsi per trovare la giusta concentrazione, magari indossando le cuffie, proprio come farebbe a casa, ed eliminando quasi completamente l’interazione con i presenti.

Questa è allora la dimostrazione di come non basta abbattere le barriere fisiche dell’ufficio per favorire le sinergie e la comunicazione, ma diventa più importante intervenire su una corretta gestione del tempo e degli spazi. Spazi che sempre più investono sull’arredamento, sulla luce naturale, su scrivanie larghe e preferibilmente rotonde per favorire la condivisione, con l’intento di trasformare l’ufficio in una sorta di coworking. E forse una delle soluzioni potrebbe essere proprio questa, ovvero considerare l’ufficio come uno spazio di condivisione a disposizione dei dipendenti che possono frequentarlo quando vogliono, organizzare riunioni di persona e lavorare a progetti di gruppo. Il resto del tempo, invece, il lavoro da remoto potrebbe diventare la soluzione migliore per garantire il benessere dei dipendenti e il giusto rapporto tra lavoro, famiglia e interessi.

Quali sono allora le prospettive per l’immediato futuro?

Lo smart working non è mai stato un’imposizione, esisteva già ancora prima della pandemia; semplicemente, le aziende hanno iniziato a sperimentare i vantaggi e capire che per restare al passo coi tempi alcuni schemi prestabiliti e oggigiorno troppo rigidi devono essere semplificati.

È indubbio che l’ufficio rimanga uno spazio importante per la formazione professionale dell’individuo, perché lo definisce come lavoratore e lo aiuta a sviluppare una serie di soft skills che tanto sono importanti per le Risorse Umane, come la predisposizione a relazionarsi in gruppo ed esercitare la capacità di ascolto e lo spirito critico.

Ma è altrettanto indubbio che la presenza di persona in ufficio sia diventata superflua, dal momento che larga parte dei lavori moderni si svolgono con un pc e una connessione; l’ufficio va dunque interpretato come un valore aggiunto e non più come un obbligo o una costrizione. Le aziende dovranno mettersi ancor più alla prova, abbracciando a trecentosessanta gradi le opportunità dello smart working e dell’ibridazione tra la presenza in sede e quella da remoto: l’ufficio virtuale, per esempio, è un giusto compromesso perché permette ai lavoratori di incontrarsi per riunioni e progetti attraverso le piattaforme di meeting.

La tecnologia che abbiamo a disposizione al giorno d’oggi favorirà la transizione definitiva, nell’immediato futuro, dall’ufficio fisico a quello virtuale; in questo modo non solo diventerà più facile incontrarsi tra colleghi, ma anche le aziende potranno invogliare i più giovani a lavorare per loro con la promessa di un’occupazione senza vincoli né costrizioni, dagli orizzonti così ampi da includere il mondo intero (leggi il nostro articolo sul job hopping).

Secondo te come sarà l’ufficio del futuro? Scrivici la tua idea in un commento

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